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Adriano Olivetti, l’imprenditore che amava i dipendenti e il territorio

60 anni fa moriva Adriano Olivetti. Tutti oggi lo osannano e lo acclamano, ma ai suoi tempi tanti lo denigravano o guardavano con sufficienza. Di certo non i suoi dipendenti che lo amavano come un padre. Di seguito un brano tratto dal libro “Macchine per scrivere, Uomini, storie, invenzioni dalle origini ai giorni nostri”.
 
Adriano Olivetti, uomo di cultura e di grande senso pratico, si rese conto che per cavalcare l’innovazione occorrevano almeno due fattori basilari: attrarre le persone più colte e preparate, garantendo loro i maggiori compensi e la libertà di proporre e realizzare le loro idee; progettare e realizzare una formazione capace di preparare al futuro, ossia incentrata sulle competenze anziché sulle conoscenze. Adriano andava oltre la sola dimensione della formazione aziendale, interessandosi del territorio, dell’urbanistica, delle scuole, delle abitazioni, persino della mobilità dei lavoratori. Disseminava cultura attraverso la casa editrice Edizione di Comunità con l’omonima rivista, e comunicava iniziative dell’Irur per far nascere nuove imprese su tutto il territorio nazionale, avocando a sé anche una responsabilità di tipo sociale.
 
Il fine della Comunità della Olivetti era quello di “affratellare gli uomini”, “reprimere gli evidenti contrasti o conflitti”, abituali in un’organizzazione economica, e di impedire – come sottolineava il suo ideatore – “una vita frazionata e priva di elementi di solidarietà”. Al dipendente veniva offerta la casa: villette con giardino o appartamenti in edifici gradevoli, funzionali e moderni…

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